mercoledì 12 ottobre 2016

La Cosa. Parte sesta

Secondo ciclo (23 maggio - 8 giugno)
Inizio il secondo ciclo senza capelli. Li ho tagliati domenica, dopo aver assistito alla Prima Comunione dei "miei" bimbi di Suello e dopo aver accompagnato quelli di Imberido.
Erano già alcuni giorni che non sopportavo più i capelli sparsi sul cuscino ogni mattino e sui maglioni ogni sera. Così domenica sera li ho strappati, ne ho strappati più che potevo e il resto li ho tagliati.
Erano corti, già leggermente radi, ma i miei capelli erano ancora tantissimi: ho riempito il lavandino.
Ho imparato da youtube a farmi il turbante e ho comprato qualche foulard.
Guardarsi allo specchio è stato davvero strano, ma sinceramente pensavo che l'impatto iniziale sarebbe stato peggiore. Forse è perché in tutti in film sul cancro la testa pelata sembra essere l'unico sintomo tangibile della malattia e quasi il peggiore per cui disperarsi. Forse perché appena ti parlando di chemioterapia i medici ti passano il volantino di qualche associazione che dona parrucche. In realtà poi scopri che è solo una minuscola punta dell'iceberg. Io, benché abbia sempre adorato le parrucche, non ho mai voluto che qualcosa sostituisse i miei capelli.
Ma torniamo a lunedì 23 e all'inizio del secondo ciclo.
La paura era inevitabilmente tanta. Paura che si ripetesse tutto il dolore, tutta la sofferenza e soprattutto l'insofferenza.
C'era però anche tanta speranza e positività perché se ce l'hai fatta una volta, ce la puoi fare ancora e perché questo ciclo lo avremmo fatto senza plasil da subito.
I primi due giorni sono andati bene, dovevano andare bene perché martedì sera avevo uno spettacolo teatrale a scuola. Era da gennaio che con le cinque classi della mia scuola di Suello stavo preparando uno spettacolo sulla storia del Lorax (chi non la conoscesse suggerisco di leggere il libro di Dr. Seuss e/o guardare il film d'animazione che ne hanno tratto) e non potevo mancare per nessun motivo al mondo. Già abbandonare le prove delle ultime settimane era stato abbastanza snervante sia per me che per le mie colleghe che han dovuto sopperire alla mia assenza. Con il mio foulard blu in testa ho presentato lo spettacolo ai genitori, ho preso posizione di fianco al palcoscenico, ho cercato quanto più di coordinare gli attori e gli scenografi, ho guidato i bambini durante la canzone finale nel canto e nel ballo. E' stato faticoso, ma è stato bellissimo! Un'esperienza unica condivisa con gioia con le mie colleghe più care, con i bambini e con i genitori.
Poi sono arrivati mercoledì, giovedì, vomitodì, venerdì e ancora vomitodì. Venerdì poi gli esami del sangue hanno evidenziato anche una carenza di potassio, quindi alle solite quattro ore di terapia se ne sono aggiunte altre due e a casa tre pastiglie al giorno per cercare di reintegrarlo.
Anche sabato e domenica si sta ancora abbastanza male, ma questa volta non ci avviciniamo neanche lontanamente al malessere provato durante la prima settimana: è confermato che il colpevole principale dev'essere stato il plasil.
Il lunedì è il giorno in cui si inizia a risorgere. "Decido" di farlo con stile andando di prima mattina ad affrontare il primo esame scritto del Concorso Docenti, quello per la scuola primaria.
Piove, Rosy arriva presto a casa per farmi l'iniezione di cortisone, poi si schizza a Como, si parcheggia, ovviamente a pagamento e si cerca l'istituto. Dopo l'appello ci fanno aspettare un'eternità. Io cerco di non pensare alle domande che potrebbero esserci, mi focalizzo sulla stanza in cui mi trovo e sul succo che sorseggio a fatica per ricavarne più energie possibili. Nell'aula dell'esame mi fanno sedere vicino alla porta, in caso di malore - facendo tutte le corna del caso. Non ho nessuno a fianco e nessuno davanti. Ci siamo solo io e la mia tastiera. Si aspetta ancora e poi finalmente il via, il tempo scorre implacabile in alto a destra dello schermo. Parto dalle domande di inglese, poi leggo tutte le altre e cerco di rispondere il più velocemente e più intelligentemente possibile. Ho mal di testa, mi fanno male gli occhi. Il tempo finisce mentre stavo concludendo l'ultima domanda, mi mancava ancora un pezzo. Pazienza. E' andata come è andata. Sono tranquilla del fatto che più di così non avrei proprio potuto fare. Si torna a casa a ritrovare il letto. Devo ricaricare le energie per il giorno successivo. Martedì infatti mi tocca Tirano per l'altra prova scritta del Concorso, quella per la scuola dell'infanzia. L'attesa è la stessa del giorno precedente, l'agitazione un po' meno, forte dell'esperienza del giorno precedente e tranquillizzata dal fatto che la scuola dell'infanzia è la mia seconda scelta (e ci tengo a sottolineare che, benché seconda, è comunque una scelta, non un ripiego!). Si scrive, si scrive a macchinetta, come il giorno precedente. Mi sembra anche di aver svolto una prova migliore di quella per la primaria. Si esce stanchi, gli occhi affaticati, mangio e in macchina mi addormento nel viaggio di ritorno. Gli scritti sono andati. Il tempo ci farà sapere come, ma per ora sono andati e si può mettere via il libro.
Mercoledì la terapia torna ad essere il pensiero principale della settimana. Anche questa volta dopo i farmaci di routine mi tocca aggiungere due ore di potassio per la gioia della Roby, una delle mie infermiere, che ha dovuto allungare il proprio turno per me. Il resto della settimana prosegue bene, vado anche a fare shopping con la frase che poi è diventata - per la gioia del mio portafoglio - il mio mantra per i due mesi successivi: "perché me lo merito"!
La settimana successiva faccio il secondo richiamo di bleomicina e il potassio torna regolare.

Terzo ciclo (13 giugno - 28 giugno)
Il terzo ciclo lo racconto velocemente, anzi velocissimamente, perché fondamentalmente è andato come il secondo: relativamente bene e per di più senza spettacoli o esami da affrontare. Durante la seconda settimana sono pure andata al mare per godermi un po' anch'io l'inizio dell'estate. E poi ho consegnato le pagelle, ho fatto il corso sulla sicurezza e di inglese a scuola, sono andata alla riunione dei conduttori di laboratorio in università... insomma, ho fatto tutto quello che dovevo fare!
E ne sono stata contenta, nonostante il solito vomito nella prima settimana, i dolori ossei e muscolari, specialmente alle articolazioni delle dita, le vene dure, la fiacchezza costante, la nausea, la stitichezza, i cibi che cambiano sapore, nonostante tutto non mi sono mai fermata. Come Po: tosta-tosta fino all'ultimo, fino a martedì 28, quando ho portato (anzi, è stata mia mamma) i biscotti alle infermiere dell'oncologia e ho salutato il reparto!
Quel reparto che diventa subito familiare quando lo frequenti con assiduità, quando ci lasci un pezzo della tua storia. Quel reparto che ti ha accolta con le sue poltrone comode e gli aghi molto meno comodi. Quel reparto che ti ha visto entrare dalla porta con mille espressioni diverse sul volto. Quel reparto che ti ha visto aspettare, leggere, dormire, vomitare, mangiare ghiaccioli all'arancia quando non riuscivi a bere o mangiare altro.
Grazie.